Giovedì, Marzo 28, 2024 - 22:46

MESSE PARROCCHIA ORARIO MESSE S. MARIA DEGLI AMMALATI

Orari Sante Messe

Orario Invernale
Dal lunedì al venerdì ore 18,00.
- Giovedì subito dopo la Messa ADORAZIONE EUCARISTICA e VESPRI.
Sabato ore 8,30
Domenica e gioirni festivi ore 10,30 e ore 18,00.
Il parroco
Don Marcello Pulvirenti - Parroco dall'ottobre del 1997 - Ordinato sacerdote il 26 settembre 1992
ORARIO ESTIVO
Dal lunedì al venerdì ore 19,00.
Sabato ore 8,00.
Domenica e gioirni festivi ore 9,00 e ore 19,00.
Santo Rosario
ORARIO INVERNALE
Dal lunedì al venerdì e domenica ore 17,30.
Sabato ore 8,00.
ORARIO ESTIVO
Dal lunedì al venerdì e domenica ore 18,30.
Sabato ore 8,00.
Orario Confessioni e direzione spirituale
Giovedì ore 10,00 - 12,00.
Venerdì ore 17,00 - 18,00 (18,00 - 19,00 ora legale).
Sacramento del Battesimo durante la celebrazione Eucaristica
E' possibile ricevere il S. Battesimo durante la Messa vespertina di ogni seconda domenica del mese.

La "Chiesa vecchia"

Il 14 giugno del 1627 si da notizia, in un testamento redatto presso il notaio Alessandro Scuderi, che a S. Maria degli Ammalati, è stato costruito quello che oggi possiamo considerare il primo edificio a carattere religioso. Si tratta di una cappella, edificata per volontà di Jacopo Grassi in un suo vigneto, intitolata a Santa Maria delli Malati, dove si celebrava messa ogni primo sabato di ogni mese.

Dai documenti relativi al testamento del Grassi, non è possibile risalire al sito della cappella; i suoi riferimenti appaiono molto generici per riuscire a stabilire la sua collocazione, ma è pensabile ipotizzare che la cappella del 1627 diventi o sia considerata Chiesa più tardi in occasione della visita pastorale del Vescovo di Catania nel 1669, quando essa è citata per la prima volta e come ecclesia, con annessa sagrestia.

È quindi, la presenza di una Chiesa dedicata alla Madonna degli Ammalati, alla fine del XVII secolo, che fa pensare ad uno stabile insediamento abitativo in un’area che, allora, faceva parte del bosco di Aci e dove, stante alla notizia riportata dalla Cronaca del Calcerano, il 7 settembre 1658 don Giovanbattista Grasso, di ritorno dal celebrare messa alli giardini, alla Madonna delli Ammalati, subì una mortale aggressione da parte di un gruppo di briganti.

Per mancanza di precisi dati storici non ci è dato sapere granché degli effetti sul paese del più famoso dei terremoti, quello del 1693, che fu causa di gravi lutti ed immani distruzioni e che interessò fra l’altro l’intera area orientale della Sicilia ma si sa per certo che la Chiesa si dissipò fino da fondamenti.

La ricostruzione di un nuovo tempio sacro avvenne probabilmente grazie all'interesse e all'impegno di un frate carmelitano acese, fra' Mariano Cavallaro. Si danno così i natali ad una seconda Chiesa dedicata sempre alla Madonna degli Ammalati.

In paese, per tradizione, si colloca la “seconda vecchia chiesa” nella parte iniziale dell’attuale via Castagneto, nel sito corrispondente alla casa della maestra Laura, all’angolo, cioè delle attuali vie Castagneto e Provinciale. La collocazione, nel toponimo "Chiesa vecchia", trova riscontro in alcuni documenti notarili che arrivano alla prima metà del ‘900, riferiti ai terreni posti nei pressi dell’imbocco della suddetta via e ancora, in numerose testimonianze orali degli abitanti dell’attuale paese.

Nel 1745 si deve allo stesso fra’ Mariano la committenza di una tela al pittore Paolo Vasta (1697 – 1760), per la somma di 5 onze. Si tratta della rappresentazione de La Vergine, i santi Giuseppe, Isidoro ed Alberto, oggi presente in alto al centro dell’abside della Chiesa (a copertura della cappella che conserva il simulacro di Maria SS Salute degli infermi). L’opera si differenzia da quella commissionata al Vasta per la sostituzione di sant’Alberto carmelitano al posto di sant’Antonio Abate. La variante è dovuta, molto probabilmente, all’appartenenza del committente allo stesso ordine del santo rappresentato.

La Madonna con il bambino, posta in alto, al centro della tela, assisa su una nube viene incoronata da due angeli; san Giuseppe, in secondo piano, alla sinistra della Vergine, la osserva. Si tratta di una scena iconografica tipica del settecento. In basso a destra, Sant’Alberto è raffigurato in abiti domenicani, con il libro e il giglio, mentre, a sinistra, sant’ Isidoro agricoltore è raffigurato in abiti da contadino e reca in mano il bastone, attributo che lo contraddistingue. 

Maria SSmaS. AlbertoS. Isidoro

Un’altra significativa opera che arricchisce la Chiesa vecchia è la tela settecentesca di Santa Venera in gloria con san Vito e sant’Antonio Abate di Francesco Finocchiaro detto“Burrasca” (1740 – 1823), come evidenzia la Visitatio ruralium del 1774 e del 1810 e lo stesso inventario del 1825S. Venera in gloriaSanta Venera, posta al centro del quadro, reca in mano il Crocifisso, mentre due angeli sorreggono gli oggetti iconografici che la caratterizzano, la palma ed il libro. Una luce vigorosa avvolge il capo della giovane santa e ne sottolinea la regalità. San Vito, probabilmente di Mazzara del Vallo, quindi un santo siciliano, viene riproposto con i segni iconografici del cane, del libro, della palma e della predella sulla quale è in genere posto. Sant’Antonio Abate, invece, viene quì rappresentato con le vesti e i simboli abaziali; egli è abate in quanto padre e guida per gli altri monaci. Raffigurato in ginocchio, reca in mano il libro delle Sacre Scritture aperto, probabilmente, nella pagina del Vangelo che decise la vocazione del giovane eremita: “vai, vendi quello che possiedi…poi vieni e seguimi”. Altro importante attributo è il campanello, che troviamo agganciato al pastorale; si narra che in Francia, dove sono conservate le reliquie del santo, fu necessario costruire un ospedale, diretto dall'Ordine Ospedaliero degli Antoniani, i quali, sembra allevassero maiali per sfamare gli ospiti; i maiali, distinguibili per un campanello, avevano il rpivilegio di pascolare liberamente per la città. Così il campanello passò fra gli attributi iconografici del santo.

L'opera la si può ammirare ancora oggi ed è collocata nella parte sinistra della navata, nell'ultimo altare minore prima del coro.

La Chiesa vecchia viene in possesso anche di altre tele di piccole dimensioni. Esse hanno come soggetto temi usuali alla pittura del Settecento acese come, l’Annunciazione - copia dell’opera eseguita da Carlo Maratta, oggi al Quirinale -  Cristo e la Samaritana - copia speculare dell’omonima tela di Annibale Carracci - Gesù al Getsemani, la Madonna della Mercede e Pietro Nolasco e il San Michele Arcangelo. Il termine spagnolo Mercede deriva dal latino merces cioè “ricompensa gratuita”, “grazia”. Possiamo quindi dire che la Madonna della Mercede è la Signora della grazia gratuita, ovvero Signora della Misericordia. Proprio quella misericordia che esortò Pietro Nolasco, raffigurato in basso a destra della nostra opera, a fondare l’Ordine dei Mercedari, dopo che la Madonna gli apparve in sogno, per riscattare i cristiani finiti in schiavitù.

Il San Michele Arcangelo, difensore del popolo ebraico, adottato dalla Chiesa come santo protettore del cristiano militante è rappresentato armato di una spada e di una lancia e come quasi tutti gli angeli ha le ali, mentre satana è ritratto con le sembianze di un drago che giace sotto ai piedi del santo che sta per ucciderlo.

Maria della MercedeS. Michele

Sembra corretto pensare che queste opere abbiano fatto parte del bagaglio artistico e culturale che il Vasta ha condotto con se al rientro dai suoi viaggi, nel 1732, ad Acireale. E' probabile che la moglie, alla morte del Vasta, per risolvere i non pochi problemi economici abbia venduto i disegni, le tele, gli studi e le copie che l’artista aveva in casa. Quindi i rettori della chiesa di Santa Maria Ammalati, ricca per le rendite ad essa assegnate, acquistarono le opere, contribuendo così, ad arricchire il patrimonio artistico fino a quel momento accumulato.

Di queste opere è possibile ammirarne, attualmente, due, la Madonna della Mercede e Pietro Nolasco e il San Michele Arcangelo, poste nel coro della chiesa nell'ottobre del 2010 in seguito ad un accurato restauro che le ha riportate al loro antico splendore. Le rimanenti tele attendono ancora un intervento di restauro prima di essere collocate in chiesa.

Nel 1865, in seguito ai gravi terremoti del 1818 e del 1864, fu deciso di ricostruire ex novo in altro luogo una “nuova Chiesa”. Ciò fu possibile grazie alla munificenza del Can. Giovanni Pennisi Platania che ne concesse il terreno e grazie all’aiuto del Comune di Acireale e della popolazione del paese.

dahttp://www.parrocchiasantamariammalati.it/

 

 

 

 

La "Chiesa nuova"

Nel 1862 la Chiesa, dipendeva dal Duomo di Acireale e venne elevata, dal Vicario Capitolare don Gaetano Asmundo, a “Sacramentale Coadiutrice” e venne affidata al cappellano don Giovanni Pennisi Platania; poiché il sisma del 1864 e precedentemente del 1818 aveva reso inservibile al culto la Chiesa, che già nel 1847 necessitava di riparazioni, nel 1865 si pensò di ricostruire in altro luogo, una “nuova Chiesa”, grazie alla munificenza del Can. Giovanni Pennisi Platania che ne concesse il terrenoCosì il primo vescovo di Acireale, Mons. Gerlando Maria Genuardi, annunciava in Vaticano la costruzione e la consacrazione della nuova Chiesa di Santa Maria degli Ammalati, il 5 agosto 1877.

Dal 1865 la costruzione della Chiesa nuova diventava l’espressione di un evento memoriale che legava, vecchio e nuovo e che si manifestava in maniera semplice ma significativa.

La nuova Chiesa sorge anche grazie ad un contributo del Decurionato di Acireale ed è ampia e maestosa, in una posizione felice e prominente da potersi scorgere a grande distanza: per il Calì e il Raciti Romeo, essa è  “simile per grandezza e disegno architettonico a quella dei Filippini di Acireale, ma più svelta e con maggiore precisione artistica”.

La chiesa si presenta ad un’unica navata centrale intervallata, lateralmente, da colonne sormontate da capitelli corinzi. L’abside circolare è posto alla fine della navata; il coro è separato dalla navata da alcuni gradini che ne elevano il livello. La facciata è lavorata in pietra bianca e suddivisa in due ordini separati da fregi sormontati da un balconcino con colonnine, al quale si può accedere dall’interno. Oltre all’ingresso centrale, anch’esso sormontato da fregi e da un timpano, sono presenti due ingressi laterali inseriti all’interno di una scansione in facciata da alcune paraste. 

Il livello superiore presenta cinque vetrate in stile gotico circoscritte da paraste sormontate da capitelli ionici. Infine, è dotata di una trabeazione con finitura a timpano. Il Sagrato della chiesa è costituito da una lunga scalinata composta da ciottoli che sono stati trasportati dai fedeli  dalla “marina di S. Tecla”, nel cui porticciolo fanno sbarcare la pietra bianca che trasferiscono in paese con immane fatica. Gli stessi fedeli si fecero carico di raccogliere l’erba secca nelle campagne per poter fabbricare i mattoni utili alla costruzione della chiesa, andarono in cerca di sabbia, trasportandola da grandi distanze ed inoltre raccolsero delle uova, in paese, per utilizzarne i tuorli, con i quali furono dipinte le colonne della navata centrale della chiesa, ottenendone un effetto marmoreo.

Il campanile stile gotico-normanno fu disegnato dall’architetto acese Mariano Panebianco e in esso, nel 1886 sono state poste due campane della fonderia Baricozzi di Milano. La prima campana, la più grande, ricorda la posa della prima pietra, porta incisa la scritta “in agone laborantes protege nos” e si suonava con speciale devozione durante l’agonia dei fedeli, suono maestoso, ogni mattina con i suoi nove tocchi è la sveglia dei lavoratoriLa seconda, la media, ha la scritta “Sancta dei Genetrix ad tuam misericordiam confugimus”, è dedicata a «Maria Salus Infirmorum»titolare della chiesa e della parrocchia. La terza campana, piccola (rifusa nella Pasqua del 1984), è del 1890 e venne acquistata con una colletta popolare fatta da due soldati, reduci dalla Eritrea e appartenenti alla Brigata del gen. Antonio Baldiserra;  è chiamata la campana di S. Giuseppe.

Due sono le campane dell’orologio: una del 1856, ma rifusa nel 1984, porta la scritta “Virgini Matri Infirmorum saluti fidelium pietate” ed è la campana della chiesa vecchia;l’altra è del 1905, rifusa a cura del Sac. Rosario Caltabiano, cappellano della chiesa e fusa dalla ditta Francesco Di Mauro di Catania.

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La decorazione della volta è stata eseguita, intorno al 1870 da Giuseppe Spina Capritti (1818 - 1911) e dallo stesso furono affrescati i pennacchi della cupola, raffiguranti le Quattro Virtù Cardinali: PrudenzaGiustiziaFortezza, Temperanza, insieme agli affreschi lungo le pareti laterali della navata centrale, che raffigurano alcune scene tratte dal Vecchio Testamento, per la decorazione dei quali, lo Spina Capritti,  trasse ispirazione dalle xilografie della Sacra Bibbia, eseguite da una squadra composta da quaranta incisori che lavoravano per l’illustratore francese Gustave Dorè. Le scene sono distribuite in otto pannelli: Abele e Caino nell’offerta sacrificale; l’uccisione di Abele; la benedizione di Giacobbe da parte di Isacco; la lotta tra Giacobbe e l’angelo; Tobia, il pesce e l’angelo; l’angelo Rafaele si rivela a Tobia e Sara sale in cielo; Mosè e le Tavole della Legge; Elia nel deserto e l’angelo.

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La Sacra Bibbia, illustrata da Gustave Dorè,  venne pubblicata, nel 1866, in due tomi in-folio, con 228 illustrazioni, per la casa editrice Mame; il disegnatore Henri Giacomelli ne eseguì i fregi di intercolonna in ciascuna pagina ed a fine di ogni libro.  Nello stesso anno, l’opera, oltre che in Francia, venne pubblicata anche in Italia. Ecco, quindi, che dall’arrivo nel nostro paese, il testo, si diffuse fino ad arrivare nella piccola frazione di S. Maria degli Ammalati, dove come già detto, il locale pittore Giuseppe Spina Capritti (1818 - 1911), affrescò le pareti della navata della Chiesa dedicata a Maria Santissima Salute degli infermi, copiando alcune immagini dal celebre testo evangelico.

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Il fervore religioso intorno alla costruzione della nuova Chiesa si manifesta anche attraverso una nuova statua della Madonna, che è portata in processione sul fercolo. Secondo il parere di mons. Giovanni Lanzafame, già prevosto parroco della Chiesa Collegiata di Catania, la vecchia statua, del tardo settecento, dai caratteristici capelli biondi, apparterrebbe all'importante scuola di Lorenzo Grasso e si trova attualmente nella Chieasa di San Rocco in Belpasso, ivi pervenuta attraverso una famiglia del luogo legata forse alla comunità di Santa Maria degli Ammalati.

La vecchia statuaLa nuova statua

Nel 1914 un violento terremoto danneggia gravemente la chiesa di S. Maria degli Ammalati e per decisione del Genio Civile di Catania venne demolito il campanile gotico-normanno del Panebianco e la volta della navata; quest’ultima venne rifatta con impalcatura a graticci e stucchi, con copertura a botte e nel 1920 venne dipinta da Sebastiano Conti  Consoli di Linera per un importo di £. 4.500. In essa è raffigurata l’Assunzione della Madonna, mentre nel catino absidale, il Conti Consoli, ha dipinto una seconda scena che raffigura la Gloria dell’Agnello.

agnello

Nel 1931, grazie al contributo della Santa Sede, venne costruita la canonica;  negli stessi anni gli arredi della chiesa si arricchiscono dell’organo e del pulpito, opera insigne dello scultore Pistorio, commissionato da don Michele Vasta, terzo parroco della Chiesa e successivamente fatto decorare da don Mariano Vasta, quarto pastore della Parrocchia negli anni quaranta.

Il campanile in seguito venne rifatto con uno stile architettonico semplice, a capanna, e con lavori che durano a lungo, fino a quando il terremoto del 19 marzo del 1952, di cui ancora alcuni serbano vivo ricordo, costrinse  a dare un assetto definitivo forse poco confacente alla facciata.

Intanto il paese si dilata e trova più adeguata configurazione urbanistica parallelamente all’espansione di Acireale. Ulteriori eventi negativi e l’ennesimo terremoto dello scorso 2002, danneggiano nuovamente la volta della chiesa e  il campanile costringendo ad un nuovo restauro.

La Sovrintendenza ai Beni Culturali ha deciso di eliminare definitivamente la costruzione in cemento armato posta in sostituzione del vecchio campanile, adducendo ad essa la causa dei continui danni alla struttura portante della chiesa, dato l’eccessivo peso e di porre a mo’ di campanile, una struttura in ferro, a sostegno delle campane, più leggera e funzionale.

da   http://www.parrocchiasantamariammalati.it/

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Catania

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